Iside Sophia



“Il Christo esige essere realizzato grazie a un superamento del limite terrestre, possibile solo sulla Terra, per via di potenziamento della coscienza di sé.
Ciò significa che al Cielo non si giunge attraverso la Morte, ma attraverso uno stato superiore di veglia, cioè attraverso il superamento della terrestrità, conseguibile durante la vita: come superamento della Morte.
Tutti infine sono accolti nel Cielo, anche gli sconfitti della Terra: tornando sulla Terra, costoro debbono riprendere l'opera dove l'avevano interrotta, rischiando di rimanere ancora indietro.
La forza dell'Io si forma sulla Terra. 

Per l'uomo è decisivo apprendere dove in lui nasce la Forza che domina e plasma la materialità terrestre.

Nasce nell'Io, non nel corpo astrale: passa attraverso questo: normalmente l'uomo usa l'Io, in realtà muove da esso, ma l'Io è talmente identificato con il proprio corpo astrale, anzi con il suo riflesso, da subire la soggezione dell'astrale riflesso alla corporeità. 

L'uomo non dispone del vero moto dell'Io, mentre di continuo ne pronuncia il nome, riferendo ad esso tutto ciò che compie. Peraltro, l'Io non può dominare ciò in cui muove identificato, ma soltanto ciò rispetto al cui movimento possa realizzare la propria metafisica immobilità.

Identificato normalmente con il riflesso del proprio corpo astrale, l'Io subisce inconsciamente il dominio continuo degli Ostacolatori.

L'ego è questo Io dominato dagli Ostacolatori: è la parte del vero Io che, riflessa, s'identifica con la natura fisio-psichica.

Dalla sua metafisica immobilità, l'Io invece può muovere realmente. Ma ciò significa che, attraverso essa, può manifestarsi la Forza che domina il mondo, perché è la scaturigine del mondo.

Il Divino genera il mondo, perciò non ha bisogno di pensarlo per conoscerlo: nel pensarlo secondo divino pensare lo crea, perciò lo conosce. L'uomo, invece, ha bisogno di conoscere, deve produrre in sé l'idea delle cose: il pensiero deve imbattersi nelle cose, per pen-sarle, sí da ritrovare nel pensiero l'imaginare divino.

Seguendo intentamente il costrutto del mondo, può attingere in sé alla piú alta vita del pensiero, da cui scaturisce tale costrutto. Supera allora l'identificazione dell'Io con il corpo astrale. E l'Io, la cui essenza è il Logos.

Nell'idea afferra il Divino che muove il mondo. Questa però è una possibilità che l'uomo deve cominciare col poter concepire, anche se oscuramente la intuisce. In effetto, egli si serve dell'idea per i suoi bisogni umani, dai filosofici ai vitali, piuttosto che per penetrare il segreto della realtà e il senso ultimo della sua presenza sulla Terra.

Evita di essere l'Io che sostanzialmente è, tuttavia usando le forze del'Io per le sue necessità esistenziali. Questa l'infingarda contraddizione.

Se guarda ciò che esiste, trova dietro di esso l'ignoto: cosí se osserva il pensiero, l'idea, li sente giungere da una zona ignota: tuttavia è una zona in cui egli può scoprire di essere presente grazie a piú intensa attività pensante:

può elevarsi a questo ignoto, può penetrarlo senza ricorrere ad altra mediazione che non sia pensiero. Ma perciò è l'ignoto che va scoperto, piuttosto che pensato.

Tutto deve essere capito: il pensiero non ne ha bisogno, perché già c'è: 

ha solo bisogno di essere percepito, o vissuto, o afferrato.

Tutto nell'uomo diviene esperienza mediante il pensiero: perciò la verità, o la certezza, mediante il pensiero può essere conseguita unicamente se il pensiero diviene esso stesso esperienza: che è l'ascesi del pensiero, richiesta dai nuovi tempi. L'ignoto da cui scaturisce il pensiero è nelluomo: sta a lui giungere a questo ignoto attraverso il pensiero che pensa, senza paura di superare il limite del pensiero riflesso, o di aprirsi a ciò che è oltre tale limite, anzi volendo e avendo la gioia di donarsi oltre esso, per amore del proprio vero essere: che è essere il mondo, le cose, gli altri, senza condizioni, il donarsi senza remore, senza timore, l'affondare nell'essenza, per impeto che non conosce confini, ma solo totalità di sé, illimitatezza, audacia nell'offerta di sé.

Nel pensiero è il segreto della comunione dell'anima con la Forza immessa dal Logos nella Terra: nel pensiero capace di realizzare la sua verace natura, cioè la sua pura immediatezza, il suo impersonale muoversi nel mondo, che inizialmente viene stimolato dai sensi, dalle percezioni del mondo, dall'organo cerebrale, cioè dalle forze della Terra, o della necessità sensibile.

Il pensiero si dona alla Terra per restituirle la luce di cui è priva: anzi è la luce che vuole rivestire la Terra, che tende a splendere nella tenebra della Terra, ma non può splendere, finché è pensiero riflesso, cioè luce riflessa. Questa luce non risplende, non ha il potere di penetrare la tenebra, mentre l'impeto di donazione proprio al pensiero puro, ha questo potere, reca questa luce: il pensiero tende irresistibilmente a ritrovarli, per realizzare ciò che originariamente vuole dall'ignoto da cui scaturisce.

Questo ignoto è il Logos medesimo. Perciò il pensiero è una sottile corrente d'amore che entra nel mondo senza generare immediatamente amore, ma movendo secondo l'impeto d'amore che gli è intimo, per penetrare nel regno della tenebra materiale.

Una volta penetrato, il suo compito è realizzare ciò per cui è entrato nella Terra, ritrovare se stesso in profondità come impulso d'amore. Impulso che infatti ha già operato per amore.

Il pensiero non ha bisogno di pensare amore, per essere la corrente di amore che è, ma ha solo bisogno di essere, cioè di unire ciò che è separato, di operare la relazione essenziale, la sintesi redentrice: ha bisogno di realizzare l'immediata luce delle cose, di esprimere la propria ignota vita, senza limiti.

Ha bisogno di cessare di produrre limiti a se medesimo, perché non v'è limite alla sua azione, in sé onnipotente, che non sia una sua produzione, un proprio impedimento a se medesimo. 

Serie di impedimenti produce di continuo a sé il pensiero, permanendo riflesso e nella visione riflessa del mondo facendo fluire la sua forza preriflessa. Inconscio della sua forza preriflessa, cioè della sua trascendenza, la lascia scorrere negli istinti, cioè la smarrisce nella tenebra.

Lo smarrimento della forza pensiero può cessare, se il pensiero conosce la propria autentica logica, cioè il proprio Logos, al quale può giungere, giovandosi della logica stessa del suo stato riflesso, usata secondo matematica consequenzialità: grazie a un impulso obiettivo del volere.

Questo volere viene sottratto agli istinti, ritorna forza sollevatrice del pensiero dalla condizione riflessa alla sua loe di vita. La luce di vita è già occultamente presente nel cuore di ogni essere, da quando fluí il sangue dal Golgotha per il rito di Resurrezione: frutto della vittoria del Logos sul dolore infinito da Lui affrontato per conoscere e superare la tenebra infinita dell'uomo, l'abissalità del male terrestre.

L'alba del Logos è già nel cuore umano, ma incon-scia, profondamente separata dalla coscienza di veglia: per cui anche il piú malvagio degli uomini reca in sé il germe della redenzione.

Ogni essere reca nel cuore tale germe.

Anche l'ateo cerca, senza saperlo, il Christo.

Invero ogni anima ha fame di Christo, cerca disperatamente il Christo: non v'è essere sulla Terra che non cerchi affannosamente il Christo.

Ciascuno dà un nome diverso a questa sua affannosa ricerca, perché ciascuno procede verso il Christo secondo il sentiero della contrada da cui muove.

Però il pensiero, ove sia conscio della sua trascendenza, cioè della propria indipendenza dalla natura animico-fisica, ha il segreto della via diretta.

Perché tanto pensiero profuso per la struttura della civiltà, per la cultura, per le polemiche, per la dialettica dei problemi delle innumerevoli attività umane?

Una fiumana continua di pensiero si perde nella tenebra. Forse non si perde del tutto. In sostanza, questo pensiero cerca il Logos: indubbiamente una minima parte di questo pensiero ritrova il Logos. E questo minimo ritrovamento fa camminare il mondo: molte situazioni di salvezza resistono, sia pure pericolando, mantenute intatte dall'ignota Forza.

E il Logos che risponde a coloro che liberamente decidono della propria vita, secondo la richiesta del Logos: che è la richiesta ultima dell'Io, perciò la richiesta del Graal. “


Da Iside Sphia di Massimo Scaligero


Lascio questo estratto che si rivela essere infinitamente prezioso e ricordo che sarà possibile ricevere in formato digitale, in alta definizione, l’immagine allegata scrivendomi per e-mail:


versoharan@gmail.com


Alla prossima! 

Commenti

Post più popolari